Le opere di Sitri sono un invito alla contemplazione del corpo, tempio dell’essere umano, oggetto e
altare della vita stessa.
Materia che diviene espressione del non umano, simile eppure non assimilabile, disposta in un
insieme che gli appartiene senza però connotarla, un tutt’uno con ciò che attorno esiste e svanisce.
La percezione dell’umano nei lavori di Sitri, va ponendo la domanda se ciò che che stiamo
osservando sia realmente una creatura vivente e non una scultura lì disposta a ricordare la
meraviglia della creazione della Natura, una natura statica, apparentemente inerte eppure ricolma di
vita e potenza.
Vi è una ridondanza di corpi e distorsioni che ci portano in un vorticoso susseguirsi di immagini,
quadri che danno vita a considerazioni al di là di ciò che viene mostrato, suggerendo domande
introspettive, di concetto e sul senso di stupore.
Bisogna partire da questa base per capire le immagini dell’autore, ma ancora di più, risulta doveroso
immergersi nei suoi scritti per potere realmente dialogare con le opere.
“E tutto divenne per me
eterna e grondante luce,
instabile susseguirsi
di alchemici fotoni ardenti,
generati da iridescenti collisioni
proprie dell’intime esalazione dell’anima,
atto il tutto ad irradiare di pulsante vita
le immagini dalla mente generate,
così da infondere alla materia
quell’eccelso miracolo proprio della creazione,
esaltazione ultima dell’essere
e fecondo altare del divino in noi rappreso.”
“appese e sospese, lì distese, disposte ad accentrare un’attenzione inesistente per far si che un luogo
possa ancora nuovamente parlare, poiché nell’accentramento della realtà si è andato perdendo
l’attenzione per ciò che ci contiene e definisce, quel contesto silenzioso, inerte, eppure vivo,
esplicito e sincero al punto da nascondere unicamente per nostra incapacità di vedere, di sentire ciò
che il silenzio di una stanza racchiude e violentemente mostra. Nel dilatarsi dell’ego, ciò che è stata
offuscata è la realtà posta alla base della verità pronunciata, poiché è nel muto esprimersi di un
corpo che lo sguardo può realmente trasformare le dinamiche dell’esistenza in qualcosa di più alto e
immaginifico, del resto, senza la dichiarazione dei nostri intenti, ciò che può venire inteso, è
esclusivamente legato al grado di evoluzione della nostra empatia, quel senso di percezione della
realtà che va al di là di tutto ciò che è possibile vedere, ed è così, in questo modo, che ogni cosa può
finalmente divenire un infinito atto in potenza, molteplice e labirintico, scevro da ogni
caratterizzazione singolare, affinché ogni sguardo possa in qualche modo conferire nuova vita e
significato al mondo che andiamo creando e distruggendo ad ogni ciclico ripetersi del movimento
delle nostre palpebre. Ciò che si sta realizzando, è semplicemente la preghiera di un mondo che
abbiamo dimenticato di osservare.”